Val di Susa – gridare la verità è fare esercizio di democrazia

È difficile in questo momento trovare le parole per denunciare la violenta aggressione che ha subito il movimento No-Tav domenica 3 luglio, per mano delle forze dell’ordine. Si alternano sentimenti di rabbia e di forte preoccupazione per i compagni fermati che sono stati gravemente feriti dalle ripetute percosse e dal lancio dei lacrimogeni sparati ad altezza d’uomo.
Noi, che eravamo presenti, vogliamo lanciare innanzi tutto un appello affinché si crei una rete mediatica che gridi la verità sulla straordinaria partecipazione alla manifestazione che ha coinvolto realtà provenienti da tutta Italia per difendere la Val di Susa. Tutti abbiamo il dovere di rendere pubblica la strategia di guerra che lo stato ha adottato per reprimere le forze sociali che oggi vogliono riprendersi il proprio futuro.
È stato detto di noi che non c’entriamo nulla con il movimento No-Tav. Sbagliato! Tutti apparteniamo a quella terra che rappresenta quel bene comune e supremo che, oggi, lì come altrove, ridisegna nuove mappe di democrazia e di diritti. Siamo uniti dal desiderio irrefrenabili di decidere per noi e per l’ambiente in cui viviamo. È lo stesso desiderio che in questi anni ci ha spinto a creare reti di solidarietà attiva con movimenti che lottano in altri continenti. Ed è anche guardando loro, che ci rendiamo conto che i conflitti si determinano per colpa e per mano di chi sordo vuole imporre a molti delle scelte non condivisibili.
Non possiamo, per esempio, guardare alle rivolte del Mediterraneo e ricavarne unicamente l’elemento “poetico” dei giovani in rivolta. Oltre all’immagine del sogno che si sta conquistando c’è anche l’immagine cruda di chi deve difendersi dai proiettili e dai carri armati. Non siamo noi che scegliamo il livello dello scontro, ma al contrario ci viene imposto dal potere che quando deve imporsi non guarda in faccia a nessuno.
Hanno descritto le forze dell’ordine, in servizio il giorno della manifestazione, come poveri padri di famiglia che sopravvivono con 1500,00 Euro al mese. Ci piacerebbe sapere cosa quei padri hanno raccontato ai loro figli una volta tornati a casa. I veri padri e madri erano con noi nel bosco, genitori precari senza stipendio assicurato, che lottano quotidianamente per riprendersi quello che gli hanno tolto!
Loro come Jacopo, Fabiano e Gianluca erano lì per riaprire uno spazio di democrazia brutalmente espropriato dalle logiche del profitto. Per loro chiediamo l’immediata scarcerazione! Ci rivolgiamo a tutti affinché in ogni luogo venga divulgata la verità sulle violenze inferte anche per tutelare i compagni che maggiormente le hanno subite.
ORA E SEMPRE INDIGNAZIONE!
I compagni e le compagne del centro sociale Asilo Politico di Ancona

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