Nel comune che c’è in noi: memoria di un conflitto

Roma, 14 dicembre 2010

Siamo partiti da Ancona con la convinzione di sentirci ugualmente vincitori indipendentemente dall’esito del voto di fiducia al governo. Vincitori perché l’ultima accelerazione di lotte che si è propagata nel nostro paese ha manifestato la straordinaria capacità, soggettiva e collettiva, di sottrarsi alle regole del comando ricomponendo nuove istituzioni dal basso in grado di autorappresentarsi in modo creativo, libero e democratico.

Mentre assistevamo e vivevamo le proteste che riversavano migliaia di corpi nelle strade, sui monumenti storici, nei luoghi che vengono ancora considerati pubblici nonostante abbiano perso la dimensione originaria del pubblico perché trasformatisi in articolazioni che disciplinano la gestione e l’utenza pubblica, non abbiamo potuto non riflettere sull’attimo precedente, ovvero sul momento di massima tensione che precede lo scoccare della freccia. Circa questo momento molti compagni e compagne hanno pensato che non sarebbe mai successo niente, che la crisi aveva già determinato tutto, anche le nostre scelte, e che bisognava rimettere in discussione tutto. È vero! Qualcosa stava cambiando e avvertivamo la necessità di capire cosa e come si stava cambiando.

La massima tensione dell’arco prima dello scoccare può essere a volte fraintesa, alcuni possono pensare che sia un momento di inerzia e staticità in cui ancora tutto sia da giocare e che fino all’ultimo non si abbia la certezza che la freccia venga lanciata.

Eppure quello che ci è apparso dopo, ovvero nel momento in cui la freccia ha preso la sua direzione, è stato quello di verificare che quell’attimo in cui si fermentavano riflessioni, dubbi e confronti, è stato il momento dove forse si è prodotto di più in termini di sperimentazioni e percorsi di soggettivazione all’intermo delle nostre strutture politiche.

Sono state organizzate esplosioni dì indignazione in territori forse inaspettati così come nei luoghi in cui le nostre strutture politiche più “anziane” non hanno mai smesso di sollevare le contraddizioni che caratterizzano il nostro presente.

Può essere banale ma sicuramente ci teniamo a sottolinearlo perché mai come prima abbiamo assistito, nella straordinaria giornata del 14 dicembre, una sintesi perfetta tra struttura organizzativa e gestione spontanea. La prima ha saputo promuovere e organizzare la seconda, così come quest’ultima ha rappresentato e tutt’ora rappresenta realtà concrete, vive e profondamente reali, immanenti.

Cosa c’è di più reale di un operaio che in pochi giorni vede sfumare anni di conquiste per il riconoscimento dei diritti collettivi dei lavoratori? O di una persona in fuga da guerre e persecuzioni che invece di essere accolto viene rigettato come indesiderato nel proprio paese dopo essere stato truffato, sfruttato e discriminato? Cosa c’è di più reale di chi oggi, a causa di una calamità naturale, ha perso la propria casa, un familiare, un amico e si rende conto che la sua situazione è stata strumentalizzata solo per fare propaganda e per guadagnarci sopra? Cosa c’è di più reale di un’intera generazione che vede negato il diritto ad una istruzione garantita, di qualità e per tutti?

Tanto sono reali queste immagini tanto è reale e vero ciò che è accaduto in Piazza del Popolo a Roma. Non si può continuare a pensare che chi decide all’interno delle stanze del potere rappresenti questo paese e che noi siamo un’altra cosa, o peggio, che siamo un male da estirpare fin che sono in tempo. In questo mondo al revés siamo noi i protagonisti di un possibile cambiamento, siamo il noi di ciò che oggi rappresenta il bene comune per tutti e tutte. Sappiamo che non è sufficiente rappresentarlo ma che è necessario riflettere e condividere su come realizzarlo e gestirlo.

Il cammino è lungo ma il punto di partenza da cui poter continuare ad esprimere i nostri corpi e le nostre intelligenze è stato a Roma 14 Dicembre: uniti contro la crisi!

A gran voce chiediamo la liberazione di tutti i compagni e le compagne che sono stati trattenuti ingiustamente dalle forze dell’ordine, liberi tutti! liberi subito!


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